Intervento di Sandra Zampa all’incontro: ”La Convenzione Internazionale dei Diritti del Fanciullo (1989): riflessioni e prospettive in occasione del XXV Anniversario” tenutosi il 18 novembre 2014 presso l’Aula Magna dell’Universita’ììà degli Studi di Modena e Reggio Emilia
La Convenzione di New York approvata dalle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia compie 25 anni. Come la caduta del muro di Berlino. Mentre preparavo queste note non ho potuto non pensare a quanto profondamente diverso sia il tempo presente da quei giorni. Dove è finita quella tensione etica che condusse i decisiori politici a rivolgersi ai bambini e agli adolescenti come a un gruppo sociale dotato di specifica titolarità giuridica e a trasformare in doveri e responsabilità degli Stati e delle comunità ciò che fino a quel momento poteva essere regalo o benevolenza? Addolora e colpisce dover costatare, di anno in anno, in questa data, come i diritti dei minori non solo fatichino ad entrare in modo stabile nelle agende politiche di chi governa le nazioni ma come, sotto i colpi della crisi economica, delle tensioni internazionali o dei conflitti, proprio nel momento in cui andrebbero rafforzate, la cultura dei diritti e il loro rispetto stiano retrocedono.
Povertà materiali e culturali, discriminazioni razziali e religiose, violenze e abusi ai danni dei minori non cessano in nessuna parte del mondo. Restano loro, i più piccoli cui dovrebbero essere garantiti la vita, la salute, l’educazione, l’accoglienza, l’integrazione, la parità di accesso alle cure, ad una sana alimentazione, all’ascolto, al gioco le prime vittime di un sistema che non si occupa della loro vita e dei loro diritti. Gran parte dei diritti enunciati nella Convenzione di New York restano disattesi.
Non posso non ricordare le tante, troppe vittime dei conflitti armati attivi in vaste zone del pianeta: migliaia di bambini morti a causa delle continue guerre nel continente africano (ad ottobre 2014 si contavano 25 paesi in guerra in Africa); in Medio Oriente: sono oltre 9000 i bambini vittime solo in Siria e migliaia i minori morti durante il conflitto tra Israele e Gaza; bambini vittime in Iraq, in Afghanistan… A questi si aggiungono i troppi bambini profughi, minori stranieri soli o accompagnati che non sono riusciti a raggiungere le coste italiane e giacciono in quel tratto di mare che ci separa dalla vicina Libia e dall’Africa. Per ognuno di loro esprimiamo il nostro profondo dolore e cordoglio. Così come non possiamo non ricordare i 150 milioni di bambini nel mondo costretti al lavoro in condizioni di schiavitù. E tutte le bambine, abusate o vittime di mutilazioni che segneranno per sempre la loro vita delle quali ogni anno Terre des hommes, ong attiva nella tutela dei minori, ci parla ogni anno.
Effetti delle vecchie povertà, mai sconfitte, che continuano a colpire bambine, bambini e adolescenti di una parte, grande, del mondo.
Accanto a queste sorgono nuove e pericolose povertà: l’occidente ricco, attraversato da una crisi economico finanziaria senza precedenti dal 1929, arretra sul piano del benessere e dei diritti della persona e a pagare un prezzo altissimo sono, ancora una volta, loro, i minori di età e i giovani.
Save the children ha realizzato una ricerca europea per valutare cosa sta accadendo, i cui risultati, resi noti già a maggio, hanno condotto l’organizzazione a denunciare un vero e proprio “furto di futuro” ai danni dei minori. L’Italia è 21ma in UE per rischio di povertà ed esclusione sociale. Il numero di bambini e adolescenti in povertà assoluta è superiore a un milione. In 5 anni, tra 2007 e 2012, il dato è raddoppiato con un incremento del 30% nell’ultimo anno analizzato. Il 25% degli adolescenti pensa che il proprio futuro sarà più difficile di quello dei propri genitori.
Davvero inquieta e sconcerta che anche l’Europa sia teatro di situazioni e politiche così insensate.
Dalla Report card 12 del Centro di ricerca Innocenti-Unicef, presentata il 28 ottobre scorso a Roma, emergono dati che mettono in evidenza il profondo impatto della crisi sui bambini e sui minorenni. Aumenta la povertà infantile nei Paesi ricchi e cresce notevolmente anche il numero di Neet, giovani tra i 15 e i 24 anni che non studiano, non lavorano e non frequentano corsi di formazione. La Report card analizza l’impatto della grande crisi sull’infanzia nei paesi ricchi e i livelli di povertà minorile dal 2008 in 41 Paesi tra Unione europea e/o Ocse, rileva la percentuale di giovani Neet e include i dati del Gallup World Poll sulla percezione che i singoli individui hanno della propria condizione economica e sulle speranze per il futuro da quando è iniziata la recessione. I dati sulla povertà relativa dei bambini rivelano che il fenomeno è aumentato, dal 2008, in 23 Paesi; in Irlanda, Croazia, Lettonia, Grecia e Islanda è cresciuto di oltre il 50 per cento. Nei 41 Paesi presi in considerazione dall’indagine i bambini che vivono in povertà sono circa 76,5 milioni. La recessione ha colpito duramente soprattutto i giovani tra i 15 e i 24 anni. Nell’Unione europea 7,5 milioni di giovani erano classificati come Neet nel 2013, quasi un milione in più rispetto al 2008. Quando i tagli di bilancio sono diventati inevitabili in alcuni Paesi, in particolare nella regione del Mediterraneo, le disuguaglianze sono aumentate e le condizioni di vita per i bambini sono peggiorate. La Report card mette in luce il “grande passo all’indietro” compiuto da molti Paesi ricchi a causa della crisi: un calcolo del suo impatto sul reddito medio delle famiglie con bambini indica che, tra il 2008 e il 2012, le famiglie greche hanno perso l’equivalente di 14 anni di progresso; Irlanda, Lussemburgo e Spagna hanno perso un intero decennio.
Anche in paesi che hanno registrato tassi di crescita del PIL positivi nel 2010/11, come Austria, Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Lettonia, Lituania, Malta, Slovenia e Svezia, non si è verificata una diminuzione della povertà minorile. Uno dei motivi principali è che molti paesi europei, dopo aver intrapreso politiche volte a stimolare la spesa pubblica nel 2008 hanno iniziato a ridurre le spese tagliando i trasferimenti sociali, compresi i regimi di sostegno al reddito per i minori e dei servizi essenziali di sanità e di assistenza all’infanzia. Questa situazione è aggravata anche dalla crescente disoccupazione, soprattutto di lunga durata, con un calo del reddito disponibile.
In sostanza, sotto i colpi della crisi e in nome del rigore, si sono ignorati gli impegni presi sottoscrivendo la Convenzione, si sono ignorate le raccomandazioni della stessa Commissione europea: “Investire nei bambini, rompere il circolo vizioso dello svantaggio socioculturale” è il documento diffuso nel febbraio 2013. Da una parte le raccomandazioni, dall’altra la scure del rigore, senza nessuna attenzione alle conseguenze mostruose come quella dei bambini con disabilità chiusi nelle gabbie in Grecia.
Il danno, in termini di mancato progresso per il futuro del nostro Paese è enorme. Non dovremo mai dimenticare che investire sui giovani significa investire sul futuro. Che investire sui minori, sulla loro educazione resta un grande e potente strumento per uscire dalla crisi, per sconfiggere la recessione e tornare a progettare un domani migliore, per tutti. Non bastano infatti gli indicatori economici a misurare il prezzo pagato dai bambini al “rigore”: le scarse possibilità di raggiungere la laurea, di imparare una lingua straniera, di praticare uno sport, di coltivare una inclinazione produrranno un impoverimento per tutto il nostro Paese impedendoci di recuperare alla stessa velocità di altri paesi europei quando questa crisi economica allenterà la sua stretta.
E’ urgente che il nostro Paese torni a investire sulle giovani generazioni, sull’istruzione in primo luogo, poiché la povertà educativa è particolarmente insidiosa. E’ necessario recuperare il gap che esiste tra Nord e Sud e del Paese e dovrebbe enormemente preoccuparci che il divario diminuisca perché cresce la povertà nel nord del Paese e non perché, come invece dovrebbe, c’è un recupero delle regioni del mezzogiorno. Per povertà educativa gli esperti indicano: “privazione della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare liberamente capacità, talenti e aspirazioni nei primi stadi del processo vitale, periodo in cui il capitale umano è più malleabile e recettivo”. Per un bambino significa essere escluso dalla possibilità di accedere alla competenze necessarie per affrontare un mondo che invece si fonda sulla conoscenza, sulla rapidità dello scambio delle conoscenze e dalla continua innovazione tecnologica, sociale, economica. Significa restare escluso dai processi della vita adulta, significa rischiare di non poter diventare mai veramente un adulto consapevole della complessità nella quale, tuttavia, dovrà muoversi, vivere, lavorare.
Non posso ignorare il tema della tutela dagli abusi sessuali e della prostituzione minorile. Anche in questo caso quanta distanza tra la Convenzione e la sua attuazione: il più delle volte il tema è oggetto di morbosa attenzione mediatica e poco altro. Ancora largamente da esplorare e risolvere la questione delle relazioni tra i nostri adolescenti ma spesso anche bambini e la rete che oltre alle opportunità cela pericoli grandissimi ai suoi frequentatori. Quando fu scritta la Convenzione non si poteva certo immaginare lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie. Siamo noi oggi a dover affrontare il tema e per trovare la strada giusta sarebbe quanto mai utile dar corso a una delle indicazioni più innovative tra quelle della Convenzione: l’ascolto dei ragazzi. E’ da loro, oltre che dall’apporto prezioso degli esperti della Polizia postale, che possono arrivare anche ai più piccoli consigli, suggerimenti a loro tutela.
Infine, tra quanto la Convenzione prevede, si impone oggi una riflessione sulla necessità di mettere in campo politiche per l’integrazione. Siamo in enorme ritardo. La nostra società è una società multietnica: bambini e giovani di varie provenienze condividono molte ore della loro giornata nella stessa scuola, classe, con gli stessi insegnanti. E’ per loro un dato acquisito. Ciò che manca è l’interiorizzazione definitiva di questo fatto storico che non muterà. Attraverso la conoscenza si vincono paure, tabù e attraverso i più piccoli si riesce, magari condividendo libri ed esperienze, ad arrivare alla famiglia, al mondo degli adulti.
Una società multietnica non può non tener conto delle diversità e non può più permettersi di ignorare il diritto di cittadinanza a chi qui vive, ci è nato anche se da famiglie straniere, studia e lavora. L’attribuzione della cittadinanza ai bambini stranieri nati da coppie non italiane, non è solo una questione etica. Significa dare loro il segno tangibile che il Paese in cui sono nati non solo li ospita, li educa, ma attende da loro, come da tutti i nostri giovani, il loro prezioso contributo al progresso generale, al bene di una casa comune, di un territorio. La lungimiranza di chi governa e di chi rappresenta gli italiani in parlamento deve farci assumere al più presto un’iniziativa. Per questo ho ridepositato, in questa che per me è la seconda legislatura, la proposta di legge sulla cittadinanza.
Il lavoro di questi giorni in Commissione Affari Costituzionali è di grande importanza perché finalmente, dalle 20 proposte di legge, tra cui anche una a mia prima firma, per il riconoscimento della cittadinanza ai bambini stranieri nati in Italia da coppie non italiane, si giungerà ad un testo che consentirà ai tanti bambini che vivono qui di sentirsi accolti, di sentirsi italiani, impegnati anche loro per il progresso delPaese. Non cittadini di serie B, ma cittadini a tutti gli effetti, con gli stessi diritti e gli stessi doveri. Abbiamo tardato troppo, ma oggi dobbiamo essere contenti di essere giunti quasi a quel traguardo che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha auspicato e indicato con forza.
Non posso chiudere questo intervento senza affrontare il tema dei minori stranieri non accompagnati e del loro inalienabile diritto all’accoglienza e alla tutela della loro vita. I minori stranieri non accompagnati sono, fra tutti, gli ultimi. Arrivano in Italia in fuga da guerre, persecuzioni e carestie. Per salvarsi la vita e per aiutare le famiglie a casa. Adolescenti che attraversano il Sahara e il Mediterraneo da soli. A migliaia. Molti però scompaiono, per finire a spacciare o a prostituirsi. Sono i minori stranieri non accompagnati, percentuale non piccola dei migranti in fuga dal fallimento delle primavere arabe, dalla guerra civile in Siria, dalle violazioni dei diritti nel Corno d’Africa. Nell’ultimo anno, secondo le stime del Viminale, sono stati circa 10 mila. Del 20% non si sa più nulla. Colpa dei tempi infiniti – anche quattro mesi – per trovare loro una sistemazione, dopo quella provvisoria dei centri di accoglienza. E delle risorse insufficienti dei Comuni che non li mette nelle condizioni di pagare le comunità di accoglienza. Per questo il 4 ottobre scorso ho presentato una legge, insieme a esponenti delle principali forze politiche presenti in parlamento (da sel al M5s a forza Italia con eccezione di fratelli d’Italia e lega), che consente al nostro paese di superare l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati in termini di emergenza, senza una chiara definizione di competenze e di responsabilità degli attori coinvolti. Esistono in Italia esperienze di eccellenza nell’accoglienza dei minori migranti ma, nonostante l’impegno di molti sia all’interno delle istituzioni che nelle reti associative e di volontariato, ancora oggi i diritti essenziali dei minori stranieri non accompagnati non sono sempre rispettati: dal diritto al riconoscimento della minore età a quello ad un’accoglienza decorosa, dal diritto alla nomina di un tutore alla possibilità di essere ascoltati nelle scelte che li riguardano. La stessa Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, a seguito di un’indagine conoscitiva, aveva approvato, il 21 aprile 2009, una risoluzione che conteneva alcuni importanti impegni per il Governo, riferiti direttamente alla necessità di sciogliere i maggiori nodi critici emersi dalle prime risultanze dell’indagine. In particolare, l’indagine conoscitiva aveva evidenziato una situazione di notevole gravità sociale relativamente ai fenomeni riscontrati, imponendo alla Commissione l’urgenza di individuare al più presto strumenti immediati atti a garantire un’efficace tutela di questi minori, accertando tutte le eventuali responsabilità connesse alla loro incerta sorte e alla prevaricazione dei loro più elementari diritti di soggetti deboli. La proposta di legge vuole quindi definire un sistema stabile di accoglienza, con regole certe, volto a garantire pari condizioni di accesso a tutti i minori, maggiore stabilità e dunque qualità nella rete di accoglienza, ottimizzazione delle risorse pubbliche, dal momento che è noto che, nelle fasi di emergenza, cresce anche la spesa e diviene più difficile garantire efficienza e trasparenza. I punti salienti che vengono affrontati dalla proposta di legge riguardano, quindi, la necessità di uniformare le procedure di identificazione e di accertamento dell’età; l’istituzione di un sistema nazionale di accoglienza, con un numero adeguato di posti e con standard qualitativi garantiti, e l’attivazione di una banca dati nazionale per disciplinare la distribuzione territoriale dei minori che giungono in Italia nelle strutture di accoglienza dislocate in tutte le regioni, sulla base delle disponibilità di posti e di eventuali necessità e bisogni specifici degli stessi minori; la continuità del finanziamento di un fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che non gravi sui bilanci dei comuni; la partecipazione attiva e diretta dei minori stranieri non accompagnati a tutti i procedimenti che li riguardano, nel rispetto dei princìpi della Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; la promozione della presa in carico e di un sostegno continuativo dei minori stranieri in condizioni di particolare vulnerabilità (vittime di tratta e di sfruttamento, richiedenti asilo); il sostegno organico all’integrazione sociale, scolastica e lavorativa dei minori stranieri non accompagnati anche vicini al compimento della maggiore età; il coinvolgimento attivo delle comunità nell’accoglienza e nell’integrazione dei minori stranieri non accompagnati, sviluppando l’affido familiare come alternativa alla comunità e la figura dei «tutori volontari» in rete con i garanti per l’infanzia e l’adolescenza.
Nuove e vecchie povertà restano ancora da sconfiggere. Manca ancora una diffusa e consolidata cultura dei diritti dei minori, del loro inalienabile diritto ad esprimersi in tutti i campi che li riguardino… fatica ad imporsi il principio cardine che dovrebbe guidare ogni azione che riguardi i minori: nel superiore interesse del fanciullo. C’è una frase, con la quale voglio chiudere il mio intervento, di Janusz Korczak, medico polacco vittima insieme ai ‘suoi’ bambini, dell’Olocausto, che risuona nella sua perfetta semplicità, nella sua irrinunciabile e incontrovertibile verità: “I bambini costituiscono gran parte dell’umanità, della popolazione, della nazione, degli abitanti, dei concittadini… sono i nostri compagni di sempre. Ci sono stati, ci saranno e ci sono”. Riprendiamo a progettare il futuro. Ritroviamo lo spirito e lo slancio che hanno saputo produrre rivoluzioni come la Convenzione di New York. Rispettiamo i diritti dei minori investendo nei primi anni di vita di bambine e bambini e costruiremo un mondo migliore per tutti.
Sandra Zampa